La spartizione

La spartizione, Piero Chiara, Mondadori, 1977, 180 p.
La spartizione, Piero Chiara, Mondadori, 1977, 180 p.

Avevo bisogno di un libro che mi facesse ridere, che mi risollevasse un po’ il morale, e questo di Piero Chiara ha fatto proprio al caso mio. Come molti sapranno, le vicende dei suoi personaggi si intrecciano spesso sullo sfondo provinciale della zona di Varese o di altre località del Lago Maggiore, dove vengono riprodotti, in scala ridotta, vizi e virtù del genere umano. Il piatto piange (1962), Il pretorio di Cuvio (1973) e La stanza del vescovo (1976) sono infatti romanzi molto indicativi in tal senso. Quelle di Chiara sono storie semplici e scorrevoli che si leggono tutte d’un fiato, però sempre valorizzate da un sottile umorismo, da un’ironia che a tratti diventa anche arguta e spregiudicata nel cogliere le piccolezze dell’animo umano, senza però mai cedere alla trivialità. Romanzi quindi adatti per tutti i gusti, soprattutto per chi ha bisogno di staccare la mente da letture più pesanti e impegnative.

Il libro ci introduce subito nella vita asettica e pudica delle sorelle Tettamanzi, che “brutte ciascuna a suo modo di una bruttezza singolare, e consapevoli della ripugnanza che ispiravano agli uomini, avevano tacitamente soppresso l’amore, come se l’avessero seppellito in giardino per nascondere una vergogna”. Donne contro ogni tentazione, quindi, ma con cultura e intelligenza, al punto che anche il più maligno dei luinesi doveva riconoscerne le qualità intellettuali.

…e volendo per ripicco rilevarne la bruttezza, era costretto ad ammettere che Fortunata aveva una splendida capigliatura, Tarsilla un paio di gambe perfette e Camilla due mani di fata. Tre particolari che neppure riuniti insieme in una sola delle tre sorelle sarebbero bastati a fare una bella donna, ma che presi a sé erano ciascuno una piccola meraviglia.
Solo per il padre quei pregi isolati erano dei difetti, degli errori nel suo sforzo sincero per ottenere la bruttezza compiuta.

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Memento mori

Memento Mori, Muriel Spark, Gli Adelphi, 2001, 274 p.
Memento Mori, Muriel Spark, Gli Adelphi, 2001, 274 p.

Di questa simpatica scrittrice scozzese, scomparsa nel 2006, mi ripropongo da tempo di leggere altro, anche se finora non ho trovato il tempo e la voglia di farlo. Eppure con questo romanzo, letto qualche anno fa, la Spark era riuscita a colpirmi per l’eleganza e la raffinatezza della sua scrittura, spesso accompagnata da un tocco d’ironia. La storia in sé stessa non è particolarmente coinvolgente, forse in certi tratti si fa pure noiosa, però nel suo complesso, dovendo tirare le somme, non posso dire che mi sia dispiaciuta.

Il racconto si sviluppa intorno al mistero di una strana telefonata che perseguita, uno dopo l’altro, un intero gruppo di anziani ottuagenari, tutti appartenenti alla buona società londinese e alla stessa cerchia di amicizie. “Ricordati che devi morire” è il contenuto inquietante e lapidario di questa telefonata, che ha l’effetto di creare non poco scompiglio negli animi dei destinatari.
Molti sapranno, ma forse è utile ricordarlo, che la frase “memento mori”, traducibile dal latino in “ricordati che devi morire”, veniva pronunciata nei tempi antichi da una persona di ceto umile ai generali romani che tornavano vittoriosi da una guerra, con lo scopo di evitare che il vanto della gloria oscurasse la loro modestia. E tornando alla nostra vicenda, l’unico personaggio del gruppo che non si lascia scomporre più di tanto da queste parole è l’affabile scrittrice Charmian Piper, che alla misteriosa voce telefonica ha il coraggio di rispondere: “Oh, se è per questo, ormai sono più di trent’anni che di tanto in tanto ci penso… Ho già compiuto gli ottantasei. Eppure non mi dimentico mai della mia morte, in qualsiasi momento possa arrivare.”

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I veleni della dolce Linnea

I veleni della dolce Linnea, A.Paasilinna, Iperborea, 2011, 204 p.
I veleni della dolce Linnea, Arto Paasilinna, Iperborea, 2011, 204 p

Un’anziana e garbata signora dalla corporatura esile e delicata, che vive in una casetta rossa al limitare del bosco, e tre ragazzotti scapestrati, alcolizzati, drogati e violenti che progettano di farla fuori per appropriarsi dei suoi beni. Chi avrà la meglio? Sì, sono certa che il pensiero vi è balenato per un attimo nella mente: mai sottovalutare le risorse segrete del gentil sesso. Se vuole o se costretta una donna è in grado di rivelarsi più temibile di una mina vagante, anche quando agisce in modo apparentemente ingenuo o inconsapevole.

Questa storia scorrevole e leggera, densa di humor, mi sembra peraltro adattissima per il relax estivo o per prendersi una pausa da letture più impegnative. Arto Paasilinna è un finlandese doc, ex guardaboschi-giornalista-poeta, classe 1942, autore di culto nel suo paese ma amato anche all’estero per la capacità di raccontare in modo ironico anche le storie più tragiche. Chi non ha ancora letto “Il mugnaio urlante” o “Piccoli suicidi tra amici” non sa cosa si è perso in termini di paradossale e farsesco umorismo nordico, che nel caso specifico di quest’autore va sempre a colpire vizi, difetti, conformismi e ipocrisie della società finlandese, che poi, a pensarci bene, sono solo un pallido riflesso del marciume che pullula nel mondo intero. In questo libro, in particolare, Paasilinna dipinge un ritratto impietoso e sarcastico della gioventù fannullona e teppista, in lotta con le convenzioni sociali e intossicata da alcolici e droghe.

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