Mi piace l’idea di concludere l’anno con le parole di un poeta che non smette mai di sorprendermi, di scompaginarmi dentro, fomentando umori e istanze che non sono da poco. Un poeta che non è più tra noi, ma che ha lasciato una traccia di sé che sarà senz’altro indelebile nel tempo. Forse i suoi versi, per quanto espressi in forma sciolta e colloquiale, non sempre risultano di immediato e facile accesso, e magari in alcuni casi hanno bisogno di essere riletti e meditati, ma se ci si dispone ad accoglierli con l’animo giusto una presa emotiva alla fine la innescano.
Quella che segue è una poesia che dedico soprattutto a me stessa. Ma anche a tutti coloro che negli ultimi tempi sono stati costretti a scontrarsi con delle illusioni, raccogliendo per strada i cocci frantumati di un sogno, di una speranza, di un qualsivoglia progetto. Immagino di non essere l’unica a conoscere quel senso di disfatta che si prova di fronte alle virate brusche del destino, dove poi il risveglio, per quanto amaro e faticoso, diventa anche una nuova occasione di evoluzione e crescita. Del resto la vita se ne infischia dei nostri stati d’animo e prosegue imperturbabile il suo corso, sballottandoci senza preavviso tra flutti più o meno impetuosi, perciò se vogliamo sopravvivere dobbiamo essere disposti a cavalcare l’onda del momento, anche quella più difficile, senza farci scoraggiare da eventuali perdite. I seguenti versi di Strand vorrei quindi dedicarli a tutte le persone che si sentono invischiate in sensazioni simili, o che ne sono state anche solo sfiorate, con la speranza che il nuovo anno sia portatore di svolte più costruttive e appaganti. Nonché liete e serene. Perché, come dice il poeta, non è mai troppo tardi per fare ammenda e ricominciare.