Il correttore

Il correttore, Ricardo Menéndez Salmón, Marcos Y Marcos, 2011, 156 p
Il correttore, Ricardo Menéndez Salmón, Marcos Y Marcos, 2011

11 marzo 2004: dieci zaini carichi di esplosivo deflagrano all’improvviso in quattro diversi punti della rete ferroviaria di Madrid. Il bilancio delle vittime è di 191 morti e quasi duemila feriti. Questa tragedia, che si verifica tre giorni prima delle elezioni elettorali, suscita un immediato contrasto tra i popolari guidati dal premier in carica José María Aznar e i socialisti al seguito di José Luis Zapatero, che di lì a poco gli sarebbe succeduto. I due partiti si accusano reciprocamente di strumentalizzare a fini elettorali la strage avvenuta nella capitale, ma dopo l’ipotesi a caldo di un attentato dell’ETA, avanzata in modo insistente da Aznar per far perdere credibilità ai partiti di sinistra, le indagini conducono in breve tempo alla pista di Al Qaeda. Il vero problema comunque, al di là delle solite manovre meschine messe in atto dalle forze politiche per procurarsi il maggior numero di voti possibili, è che spesso siamo condannati a subire le conseguenze di altre conseguenze, che magari hanno radici in fatti antecedenti, in eventi collocati lontani nel tempo.

 Noi uomini, senza eccezioni, neri e bianchi, felici e tristi, intelligenti e ignoranti, siamo così: inalberiamo bandiere che altri odiano, adoriamo dèi che offendono i nostri vicini, ci circondiamo di leggi che insultano coloro che ci circondano. La conseguenza è facile da dedurre: di tanto in tanto, con la pioggia o con il sereno, in democrazia o sotto l’egida di un fascista travestito da ispettore delle finanze, scagliamo aerei contro grattacieli, bombardiamo paesi poverissimi e ci imbarchiamo in crociate tanto atroci quanto ingiuste.

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Folla sommersa

Folla sommersa, Fabio Pusterla, Marcos Y Marcos, 2004, 166 p.
Folla sommersa, Fabio Pusterla, Marcos Y Marcos, 2004, 166 p.

In libreria, qualche tempo fa, ero stata attratta dall’immagine a dir poco inquietante di questo libro di poesie, e dopo aver sbirciato qua e là tra le pagine mi ero convinta per l’acquisto. Bisogna ammettere che le copertine della casa editrice Marcos Y Marcos sono una continua tentazione, perché hanno qualcosa che incuriosisce e spesso seduce. Almeno questo è l’effetto che provocano su di me, poi sappiamo che per ognuno può essere diverso. In seguito ho scoperto che la riproduzione in copertina è quella di un automa-giocattolo dell’artista francese Fernand Martin, un suonatore d’organetto in metallo con un ghigno alquanto diabolico, ma in ogni caso questo libro è stata una bella scoperta perché Fabio Pusterla, poeta svizzero di lingua italiana, nonché traduttore, saggista e critico letterario, ha un modo di scrivere che colpisce e affascina, con qualcosa che passa di frequente dal ruvido al carezzevole. Le sue sono parole che vanno a frugare nei margini, nelle zone di attrito e disagio, nei lati più ombrosi e selvatici dell’essere, ma che mantengono in sottofondo anche qualcosa di luminoso, di terso e cristallino. Come se di fronte alle avversità del destino non ci fosse solo disincanto, ma anche una sorta di resistenza e speranza.
Hanno scritto, nel retro copertina, che la sua poesia combina tempeste e spiragli, nature sublimi e catrame, cose infinitesime e gigantesche paure, barchine sul lago in burrasca, lampi lirici ma anche tuoni politici, moniti, carezze e visioni, e credo non esistano parole più adatte per definirla meglio.

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Il battello bianco

Il battello bianco, Tschingis Aitmatov, Marcos y Marcos, 2007, 202 p.
Il battello bianco, T.Aitmatov, Marcos y Marcos, 2007, 202 p.

Mi è capitato, tempo fa, di accostarmi a questo scrittore kirghiso così per caso, senza averne mai sentito parlare, e se questa sia stata una scoperta più o meno piacevole devo ancora capirlo. Lo stile narrativo è bello e scorrevole, a tratti anche lirico, ma la storia in sé stessa è terribilmente triste, non offre alcuna speranza. Una storia che certamente racchiude delle importanti valenze simboliche, che necessitano di essere colte e comprese, ma che per altri versi è veramente difficile da digerire.
Non mi sembra che in giro si parli granché delle opere di Tschingis Aitmatov, forse anche perché qui da noi, negli anni della cosiddetta perestrojka, era noto più per il ruolo che svolgeva nel governo Gorbaciov che non per la sua attività di narratore. Aitmatov  lavorò anche come diplomatico presso le sedi dell’ONU, CEE e UNESCO, prodigandosi spesso in cause e battaglie in difesa delle minoranze etniche. Come politico è stato fra i pionieri, negli anni Cinquanta, dell’ambientalismo e del pacifismo. Nei suoi romanzi, impregnati di tradizione e cultura kirghisa, i protagonisti devono spesso scontrarsi con l’oppressione che limita la libertà, con la tradizione che blocca il progresso, con la ferocia che annulla la purezza. Così come accade in questa storia, che all’inizio sembra quasi introdurre il lettore in un ambiente da favola ma che poi in realtà, al di là degli incantevoli paesaggi boschivi, nasconde una trama dolorosa e straziante che sfocia in un finale veramente atroce. In sostanza, questo è un romanzo che ci parla della scoperta delle brutture del mondo da parte di un bambino, e quindi dell’innocenza infantile che è costretta a fare troppo presto i conti con la realtà del male.

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L’offesa

L’offesa, Ricardo Menéndez Salmón, Marcos Y Marcos 2008, 152 p.
L’offesa, Ricardo Menéndez Salmón, Marcos Y Marcos 2008, 152 p.

Anche se mi rendo conto di non fare proprio una bella figura, confesso che questo libro l’avevo acquistato soprattutto per la splendida copertina, attratta dal contrasto dei colori e dall’originalità dell’immagine. Passavo di fretta in libreria e non avevo il tempo di fermarmi per curiosare tra le pagine. Evento più unico che raro nella mia vita, per una volta mi sono affidata completamente all’istinto senza dovermene pentire. Ho infatti scoperto con grande piacere un bravo scrittore spagnolo contemporaneo, peraltro già stimato e pluripremiato in patria.

Il romanzo, scorrevole e suggestivo, riesce a condensare in poche pagine tutto l’orrore della Seconda Guerra Mondiale attraverso la drammatica vicenda di Kurt Crüwell, un giovane sarto tedesco chiamato alle armi. Kurt sognava di sposarsi e di prendere le redini della sartoria paterna a Bielefeld, e invece un brutto giorno deve lasciare l’amore e le sue passioni, tra le quali anche la musica, per affrontare l’esperienza del fronte. Siamo nell’autunno del 1939: la Germania invade la Polonia e nel giro di un anno occupa anche Belgio e Francia. La divisione militare di Kurt sosta per diverso tempo nei pressi di Parigi, poi si accampa in una zona della Bretagna; qui le giornate dei soldati trascorrono abbastanza tranquille, finché un militare viene catturato e decapitato dai partigiani francesi. La rappresaglia tedesca sarà terribile: il 2 gennaio 1941 novantun civili francesi, soprattutto vecchi, donne e bambini, vengono arsi vivi nella chiesa di Mieux, un piccolo paese nelle vicinanze.

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