
11 marzo 2004: dieci zaini carichi di esplosivo deflagrano all’improvviso in quattro diversi punti della rete ferroviaria di Madrid. Il bilancio delle vittime è di 191 morti e quasi duemila feriti. Questa tragedia, che si verifica tre giorni prima delle elezioni elettorali, suscita un immediato contrasto tra i popolari guidati dal premier in carica José María Aznar e i socialisti al seguito di José Luis Zapatero, che di lì a poco gli sarebbe succeduto. I due partiti si accusano reciprocamente di strumentalizzare a fini elettorali la strage avvenuta nella capitale, ma dopo l’ipotesi a caldo di un attentato dell’ETA, avanzata in modo insistente da Aznar per far perdere credibilità ai partiti di sinistra, le indagini conducono in breve tempo alla pista di Al Qaeda. Il vero problema comunque, al di là delle solite manovre meschine messe in atto dalle forze politiche per procurarsi il maggior numero di voti possibili, è che spesso siamo condannati a subire le conseguenze di altre conseguenze, che magari hanno radici in fatti antecedenti, in eventi collocati lontani nel tempo.
Noi uomini, senza eccezioni, neri e bianchi, felici e tristi, intelligenti e ignoranti, siamo così: inalberiamo bandiere che altri odiano, adoriamo dèi che offendono i nostri vicini, ci circondiamo di leggi che insultano coloro che ci circondano. La conseguenza è facile da dedurre: di tanto in tanto, con la pioggia o con il sereno, in democrazia o sotto l’egida di un fascista travestito da ispettore delle finanze, scagliamo aerei contro grattacieli, bombardiamo paesi poverissimi e ci imbarchiamo in crociate tanto atroci quanto ingiuste.