Cani neri

Cani neri, Ian McEwan, Einaudi, 1993, 166 p.
Cani neri, Ian McEwan, Einaudi, 1993, 166 p.

I cani procedevano nella loro avanzata. June camminava all’indietro; non osava mettersi a correre. Gridò il nome di Bernard una, due, tre volte. La sua voce risuonò acuta nell’aria piena di sole. E fece affrettare il passo dei cani, che ruppe quasi in un trotto. Non doveva far vedere che aveva paura. Ma quelli tanto l’avrebbero fiutata, la sua paura. Perciò, non doveva proprio provarla. Ma le mani le tremavano mentre frugavano a terra in cerca di sassi. Ne trovò tre. Ne preparò uno nella mano destra e tenne gli altri due nascosti nella sinistra. Si ritirava procedendo di lato adesso, con la spalla sinistra rivolta alle bestie. Nel punto in cui il sentiero improvvisamente scendeva, June inciampò e cadde: era tale l’ansia di rimettersi subito in piedi che le parve di essere rimbalzata sul terreno.

Questo è solo l’inizio dell’evento clou del romanzo, che nel suo procedere diventa sempre più angosciante e di cui ovviamente non rivelerò troppi dettagli. Un evento che cambierà per sempre la vita di June, mentre si trova con il marito a fare un’escursione sull’altopiano francese del Causse de Larzac, durante la luna di miele. Siamo nel 1946, nell’immediato dopoguerra, e la giovane coppia è accomunata non solo da un’intensa passione ma anche dalla fede nell’ideologia comunista, sulla scia di quei fermenti che animavano gran parte dell’Europa post-nazista. Ma il loro matrimonio è destinato già sul nascere a subire una crisi profonda, che andrà a modificare per sempre, prima investendo di netto Jane e poi agendo gradualmente anche su Bernard, tutta quella scala di valori a cui si erano tenacemente aggrappati. L’esperienza sconvolgente che investe di brutto June, in quella zona isolata e montuosa del sud della Francia, non le lascia infatti scampo e la costringe, volente o nolente, a guardare dentro se stessa per scoprirci un mondo mai immaginato prima. Da quel momento entrambi i coniugi si trovano non solo a vivere un conflitto tra loro, visto che la conversione spirituale di June mal si concilia con il rigido materialismo di Bernard, ma anche a dover fare i conti con il disfacimento dell’utopia marxista, che in seguito a diversi fatti gravi, tra i quali l’invasione dell’Ungheria nel ’56 da parte dei carri armati sovietici e il conseguente bagno di sangue per sopprimere la sommossa, rivelò tutti i suoi limiti.

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Il giardino di cemento

Il giardino di cemento, Ian McEwan, Einaudi, 2009, 160 p.

“Ciò che mi colpisce di più è che tante cose terribili vengono commesse da persone che non sono affatto terribili”

Questa frase di McEwan, stampata nel retro copertina, sintetizza in modo significativo l’essenza di questo suo romanzo d’esordio, che si distingue da tutti gli altri per lo stile scarno e asciutto, anche se già non mancano quelle tipiche sfumature morbose che hanno reso tanto famoso l’autore. Se si pensa che proprio con tale debutto si conquistò l’appellativo di Ian Macabre, si può facilmente immaginare anche il contesto della trama.
Per spiegare le motivazioni che stanno alla base del romanzo devo per forza addentrarmi nei particolari, quindi se qualcuno non l’ha ancora letto e intende farlo si regoli di conseguenza. La storia, raccontata in prima persona, è quella di Jack, un ragazzo in piena fase adolescenziale, e di come lui e suoi fratelli si ritrovano a vivere quasi al di fuori del mondo, isolati da tutto e da tutti, dopo la morte improvvisa del padre seguita, a breve distanza, da quella della madre. Per non rischiare di essere separati e di finire in affidamento presso qualche altra famiglia, o peggio in un orfanatrofio, i ragazzini decidono di occultare il cadavere della madre in cantina, seppellendolo sotto strati di cemento, per poi continuare la loro esistenza come se niente fosse.
Com’è evidente, questo è un romanzo che getta una luce cupa sull’adolescenza, mescolandone la tipica innocenza con sentimenti più ambigui e torbidi. Un romanzo anche di formazione, se vogliamo, nonostante si sviluppi sulla base di una situazione alquanto estremizzata, ma raccontata in modo così realistico da risultare convincente. A dire il vero la storia non è neppure così inverosimile come appare in un primo momento, soprattutto se si pensa a ciò che succede ogni giorno nel mondo, basta andare a leggere un po’ di cronaca per capacitarsene.

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Espiazione

ESPIAZ
Espiazione, Ian McEwan, Einaudi, Super ET, 2005, 388 p.

Di McEwan viene in genere apprezzata l’abilità con cui riesce a cesellare personaggi, situazioni e contesti ambientali, come anche la capacità di passare al vaglio del setaccio ogni tipo di emozione umana. I suoi libri possono essere più o meno intensi, più o meno avvincenti, ma sono sempre accomunati da uno stile limpido e preciso fin nel dettaglio, da una struttura narrativa pressoché perfetta e da una meticolosa preparazione di base per qualsiasi tematica affrontata.
Definito spesso dalla critica un mago delle parole per la capacità con cui sa trasmettere immagini e sentimenti in modo quasi visivo, questo scrittore è riuscito a farsi apprezzare anche per la tensione e l’inquietudine che spesso infonde alle sue storie, che si rivelano quasi sempre appassionanti fino all’ultima pagina.

Espiazione è uno dei suoi romanzi forse più belli, oltre che tra i più famosi, da cui è stato tratto anche un film per la regia di Joe Wright, con la splendida Keira Knightley nel ruolo di Cecilia. Un film a mio parere intenso quanto il libro; un caso piuttosto raro, a dire il vero, visto che spesso le trasposizioni cinematografiche storpiano senza alcuna pietà le trame dei romanzi.
La storia inizia a Villa Tallis, nella campagna inglese dei primi anni Trenta, e ci presenta la protagonista Briony, una vivace tredicenne aspirante scrittrice, nel momento esatto in cui si affanna ad imbastire una rappresentazione teatrale per festeggiare il ritorno dell’adorato fratello maggiore. Briony è una ragazzina caratterialmente complessa e dotata di vena creativa, alle prese con tutte le emozioni adolescenziali tipiche della sua età; una bambina che crede di capire così tanto delle “cose dei grandi” da non preoccuparsi della possibilità di errori e limiti nella percezione reale degli eventi. In altre parole, Briony condensa nella sua personalità tutta quell’ingenua e insopportabile presunzione che è tipicamente infantile. Ed è proprio questa caratteristica che la spingerà a fraintendere una scena di intensa passione tra sua sorella Cecilia e Robbie, il figlio di una domestica, scambiandola per una violenza imposta. Un abbaglio di comprensione provocato dai turbamenti per una realtà che non conosce, per di più alimentato da una fervida immaginazione, che da lì a poco la spingerà – dopo un fatto grave e imprevisto accaduto ad una cugina – ad avanzare delle accuse terribili nei confronti del povero Robbie, che in realtà è totalmente innocente. Da quel momento, senza rendersene conto e senza volerlo veramente, Briony rovinerà irrimediabilmente la vita di una coppia di giovani innamorati, infliggendosi un debito talmente grosso che ben presto le risulterà insostenibile. Poi nel corso degli anni, passando da un’esperienza di vita all’altra, Briony cercherà di fare di tutto per arginare e quietare i morsi della coscienza, fino al punto di elaborare un’altra sorprendente suggestione, questa volta però voluta e intenzionale…

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L’amore fatale

L’amore fatale, Ian McEwan, Einaudi, 1997, 280 p.
L’amore fatale, Ian McEwan, Einaudi, 1997, 280 p.

Tra i miei scrittori preferiti un posticino d’onore lo occupa senz’altro l’inglese McEwan, di cui apprezzo lo stile elegante, preciso e minuzioso. A dispetto della fama da “macabro”, imputabile ad alcuni racconti densi di atmosfere crude e inquietanti, McEwan è riuscito a conquistarsi l’interesse di milioni di lettori in tutto il mondo grazie a delle trame narrative quasi sempre perfette, corredate di interessanti spunti introspettivi e di accurate ambientazioni storico-sociali. Credo sia difficile, ad esempio, trovare oggigiorno qualcuno che non abbia ancora letto Espiazione, uno dei suoi capolavori più intensi e coinvolgenti.

Per quanto riguarda il libro di cui tratterò adesso, mi dispiace invece deludervi… ma non ci sarà nessuna protagonista sensuale e provocante che farà capolino dalle pagine, nessuna “femme fatale” così come il titolo potrebbe suggerire alla mente. Certamente si parla di amore, in particolare delle ossessioni che spesso si legano a questo sentimento, però nell’ambito di un’ottica totalmente inaspettata.

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