
“Perché non sorridi mai, Momo?” mi domandò monsieur Ibrahim.
La domanda era come un cazzotto, un vero e proprio cazzotto al fegato, non c’ero preparato.
“Sorridere è roba da gente ricca, monsieur Ibrahim. Io non ho i mezzi”
Naturalmente lui cominciò a sorridermi, tanto per farmi girare le scatole.
“Perché, tu credi che io sia ricco?”
“Beh, la sua cassa è sempre strapiena. Non conosco nessuno che per tutto il giorno abbia così tanti soldi sotto gli occhi”
“Ma i soldi mi servono per pagare la merce e il locale. E alla fine del mese non mi resta molto, sai”.
E sorrideva sempre di più, come per prendermi in giro.
“Monsieur Ibrahim, quando dico che il sorriso è roba da ricchi, intendo dire che è roba per gente felice”.
“Ecco, è qui che ti sbagli. E il sorridere che rende felici”.
L’arte di sorridere alla vita: è questo che il vecchio Ibrahim, un turco musulmano non ortodosso della corrente sufita, cerca di insegnare al giovane ebreo Mosè, che ha soprannominato Momo. Entrambi vivono in un quartiere parigino degli anni Sessanta, dove Monsieur Ibrahim gestisce una drogheria mentre Mosè, in piena fase di fermenti adolescenziali, si dedica a piccoli furti proprio nel negozio del vecchio turco, nella speranza di racimolare qualche soldo per frequentare la casa d’appuntamenti di rue de Paradis. Ma il signor Ibrahim, uomo saggio e conciliante, pur accorgendosi della cosa non sembra intenzionato a cogliere in fallo il ragazzo, né tantomeno a redarguirlo, perché ciò che gli sta veramente a cuore è insegnarli, con l’aiuto di alcuni versi tratti dal Corano, quanto sia bella la vita al di là delle tragedie che ci toccano e coinvolgono, e quanto sia importante apprezzare ogni giorno le piccole cose che ci circondano. L’importante è appunto sorridere alla vita, sorridere a tutti, sorridere sempre, e il ragazzo decide di provarci con diverse persone ottenendo dei risultati inaspettati e strepitosi, anche se c’è qualcuno che sembra essere insensibile al magnetismo di quest’arma così potente…