
Di solito preferisco parlare dei libri che mi sono particolarmente piaciuti e che mi hanno trasmesso quel certo non so che di cui avevo bisogno, ma stavolta farò un’eccezione. In realtà sarebbe giusto dissertare più spesso anche di ciò che non ha convinto fino in fondo, ma poi la mancanza di tempo costringe a selezionare, scartare, ad operare un certo tipo di scelta, e alla fine le energie vengono quasi sempre convogliate sul tipo di lettura che maggiormente interessa. Come è naturale che sia. Prima di continuare mi preme però chiarire che le seguenti opinioni sono del tutto personali, passabili di critiche e osservazioni. Il mio è un semplice punto di vista, che può benissimo non essere condiviso da altre persone.
Per arrivare subito al sodo, dirò che questo libro l’ho abbandonato più volte per poi riprenderlo in mano altrettante, e se sono arrivata all’ultima pagina, nonostante la repulsione suscitata da certe descrizioni, è stato grazie alla testardaggine di volerne capire fino in fondo il senso. Non so se poi ci sono riuscita, a capirne bene il senso, ma qualcosa mi sembra di aver afferrato.
Innanzitutto devo dire che molte scene mi sono apparse eccessivamente grottesche, anche se hanno lo scopo di rappresentare l’alienazione e il degrado dell’uomo contemporaneo. Ci sono dei passaggi che mi hanno veramente urtata e infastidita, e non starò di certo qui ad elencarli nel dettaglio con il rischio di suscitare, a mia volta, del possibile ribrezzo in altre persone. Aggiungo solo che questa è una storia che non ti risparmia nulla sugli stati fisici dei protagonisti, per cui se il personaggio di turno sta sbavando, vomitando o pisciando (per non parlare di altro), Palahniuk la suddetta scena te la descrive ben bene in tutti i suoi particolari, senza pietà e pudori di sorta, infischiandosene allegramente dell’eventuale sguardo attonito che può apparirti in quel momento sulla faccia. Questi sono problemi tuoi, non certamente dello scrittore.