In quell’anno 1776 che portò a Zoldo tante novità e tanti prodigi, accade anche un altro fatto memorabile in casa Lovat, e questo fu che s’indemoniò il piccolo Floriano e che lo si dovette accompagnare a cividal – cioè a Belluno – per essere sdemoniato: come si racconterà nelle pagine che seguono. La causa dell’indemoniamento non fu mai accertata, per quante supposizioni si facessero: ci fu chi disse che il ragazzo aveva bevuto l’acqua di una certa sorgente, a cui nessuno più osava avvicinarsi da molto tempo, perché in quei pressi era accaduto un delitto; che aveva fatto arrabbiare una certa vecchia, nota a tutto il vicinato per essere una strega, e che la vecchia l’aveva “segnato”; che s’era trovata dentro al suo letto una pavea (farfalla) d’un genere particolare, di quelle blu con i puntini gialli che in realtà sono anime del Purgatorio, condannate a vagare negli stessi luoghi, dove hanno commesso le loro colpe. Il primo indizio che nel piccolo Floriano era venuto ad abitare un Diavolo lo si ebbe da un fatto curioso. Mattio e Ferdinando, i due fratelli più grandi che dormivano con lui, di tanto in tanto trovavano alla mattina, presso il letto, le scarpe bagnate e la faccenda era inspiegabile: nessuno, mentre loro dormivano, sarebbe potuto entrare nella loro stanza, senza svegliare i genitori nella stanza accanto! Si pensò dunque alla presenza di una smara, e si cercò di cacciarla come si cacciano le smare: appendendo due teste d’aglio su ogni porta di casa e tenendo in camera da letto una bottiglia vuota, chiusa e sigillata con la ceralacca. La smara, per chi non lo sapesse, è un folletto di sesso femminile molto comune nel Veneto settentrionale e tra le Dolomiti, che va attorno col buio a fare dispetti; ma né l’aglio, né la bottiglia chiusa, né le immagini e le medagliette della Madonna che la signora Vittoria aveva nascoste nella stanza dei figli, produssero l’effetto voluto. I due ragazzi continuarono a trovare le scarpe bagnate, non proprio tutte le mattine ma abbastanza spesso, e nessuno sarebbe riuscito a svelare quel piccolo mistero se il ciabattino Marco Lovat non si fosse appostato una notte nella stanza dei figli dopo che loro si erano addormentati, e se non avesse visto – alla luce fioca del lumino sul cassettone – il piccolo Floriano che si alzava, andava a bagnare le scarpe dei fratelli più grandi nel modo che tutti possono immaginare, e se ne tornava a dormire come niente fosse. Il ragazzo – raccontò lo scarpèr alla signora Vittoria – aveva gli occhi aperti ma non si era accorto della presenza del padre, e non si era svegliato nemmeno quando lui gli aveva detto sottovoce, per non farsi sentire dagli altri suoi figli: «Floriano! Cosa stai facendo?».
Questi fatti erano accaduti all’inizio dell’estate e i Lovat allora si erano rivolti a don Giuseppe, che aveva prescritto per il giovane sonnambulo una cura a base di clisteri e di preghiere a San Vito, protettore del sonno. Quella cura, almeno in un primo momento, aveva dato buoni risultati, perché Floriano non si era più alzato di notte e le scarpe dei suoi fratelli erano rimaste asciutte; ma quando a settembre si era riaperta la scuola della Pieve il Diavolo era tornato ad impadronirsi di lui, trasformandolo in un monellaccio prepotente e ribelle che mordeva i compagni, bestemmiava e combinava ogni genere di guai, di cui poi diceva di non ricordarsi. (Ogni volta che lo mettevano in castigo, piangeva e si disperava. «Non ho fatto niente!, – sosteneva. – É un’ingiustizia! Perché tutti, sempre, se la prendono con me?»). Il nuovo pievano, don Bonaventura Pellegrini, aveva mandato a dire alla signora Vittoria che Floriano era indemoniato, e indemoniato grave; che bisognava portarlo a cividal, dai francescani del convento di San Pietro, perché soltanto loro sapevano trattare casi del genere! Fu così che, dopo essersi consigliata con il marito e con le comari di Casal, la signora Vittoria si decise, visto che proprio non c’era nient’altro da fare: sarebbe andata a Belluno con il figlio primogenito, Mattio, e insieme avrebbero accompagnato Floriano da quei frati, che da tempo immemorabile erano lo spauracchio dei piccoli bellunesi. (Quando le mamme non ce la facevano più a tenere a freno un bambino, lo minacciavano: «Ti porto dai frati di San Pietro! Mando a chiamare i frati di San Pietro, e ci penseranno loro a farti rigare dritto!»).
Brano estratto da Marco e Mattio (Sebastiano Vassalli, ET Einaudi, pp.63-65)
Si, vabbe’, ma non vale.
Ti par bello lasciarmi così, con la curiosità di sapere che ne sarà del piccolo Marco? E quale possa essere la spiegazione del suo presunto indemoniamento ?
Però, una cosa è certa: se con questo testo volevi persuasivamente suggerire ai tuoi lettori di approfondire l’opera di Sebastiano Vassalli, non c’è che dire, ci sei perfettamente riuscita! 😉
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Sono solo al terzo capitolo, ma devo ammettere che questa storia mi sta coinvolgendo di brutto. Mi piace molto lo stile narrativo di Vassalli, è colto ma nello stesso tempo scorrevole e sottilmente ironico… Eh, mi sa che dovrai tenerti la curiosità, almeno fino a quando non pubblicherò la recensione 😉
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Un libro bellissimo! Non secondariamente perché, se si conosce (e si ama, nel mio caso) la val di Zoldo, ancora non molti decenni fa la storia di Vassalli esprimeva la memoria presente di quei luoghi, nei nomi, nei riti sociali, nel ricordo dei lavori, e della povertà che oggi il turismo ha sradicato senza tuttavia penetrare veramente dentro una cultura che ne conserva la memoria.
E se la storia dei Lovat è frutto di invenzione, la cartella clinica di Mattio all’ospedale psichiatrico di S. Servolo appartiene al genere della realtà, come vi appartengono le sofferenze di tutti quei malati di mente a causa della pellagra, per la cui cura sarebbe bastato dar loro da mangiare qualcosa di più e di diverso dalla polenta.
Ti ringrazio molto di questa restituzione. Marco e Mattio è un libro che non sono mai riuscita a rileggere perché non ne fronteggio l’emozione, ma che consiglierei a tutti, anche per la importante ricostruzione storica che, come solo lui sapeva fare, Vassalli rende indimenticabile. Ci regala, con storie come questa, un ‘chi siamo’.necessario a vivere una vita vera.
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Sono ancora in fase di lettura, ma non posso fare a meno di condividere l’esclamazione iniziale del tuo commento 🙂 Vassalli aveva proprio il dono di saper mescolare la ricostruzione storica con la finzione, rendendo il tutto piacevole, avvincente e per nulla pesante.
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C’è molta ironia leggera in questa parte che hai pubblicato, ho sorriso a queste vecchie storie piene di strane magie e superstizioni che coprono per esempio un fatto naturale come il sonnambulismo. Il libro non lo compro se non leggo prima la tua recensione…dillo al’editore.
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Ahahah… però, sei pure simpatico! 😉 Credo che all’editore interessi poco o nulla della mia recensione, come a me del resto non interessa mettermi in mostra per ottenere l’attenzione di chicchessia. Ti ringrazio comunque per la fiducia.
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Io non so nulla del tuo eventuale narcisismo, quindi non mi permetto di pensare a che tu abbia il desiderio di metterti in mostra. Credo che lo scrivere in pubblico, in un contesto particolare come quello di un blog in cui il tramite scrittore lettore avviene in tempo reale, preveda almeno una certa componente di “teatralità”; sta poi a noi mitigarla con la misura e la civiltà e su questo sono caduti interi branchi di asini sul web. Detto questo non capisco perchè ad un editore non dovrebbe interessare la tua opinione o la mia…o quella di altri. Dove è stato deciso e perchè la nostra lettura valga meno di quella degli addetti ai lavori? Non ho mai riconosciuto un addetto migliore di me Alessandra, non ho studiato e vissuto per più di sessantanni in questa nazione, tra Nord e Sud, per accettare discriminazioni intellettuali da chicchessia. Uno dei motivi della mia insopportabilità, che in rete è esplosa in modo palese, è la assoluta e vergognosa arroganza mentale che mi possiede. Leggo, ho letto dai 12 in su, scrivo dallo stesso tempo, sto attentissimo al contesto ma anche ai punti e virgola, rispetto chiunque ma appena sento aria di esclusività prefabbricata , di salotti a prescindere, di pensieri unici… che devo dirti, mi allontano.
Nessuno mi ha mai detto che sono simpatico, mi hai sorpreso. Dovrò farmi sdemoniare anch’io?
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Ti avverto però che in questo blog non si praticano esorcismi, pertanto sarai costretto a rivolgerti altrove 😉 Perdonami l’humor, ma fa parte del mio carattere e non posso farne a meno! Anch’io non ti conosco e forse ho frainteso le tue parole, ma quando hai scritto “dillo all’editore” mi sembrava di aver colto una sfumatura ironica nella frase, e quindi ho risposto a mia volta in un modo a metà tra il serio e il faceto. In realtà, se devo essere sincera, non mi piacerebbe scrivere delle recensioni su “richiesta”, perché non mi sentirei libera di dire quello che veramente penso. Dal momento che un autore o una casa editrice ti regalano un libro (o ti pagano) affinché ne parli nel blog, ovviamente si aspettano che ne parli solo bene di quel libro, e questo andrebbe a stridere con un mio profondo bisogno di “autenticità”, a cui non posso per nulla al mondo rinunciare. Preferisco quindi rimanere svincolata da tutto e da tutti, continuando a scrivere per il semplice piacere di esprimere “in piena libertà” tutte le riflessioni, sia positive che negative, che possono derivarmi da una particolare lettura, per poi magari confrontarle (in modo rispettoso e pacifico) con quelle di altri lettori appassionati (e liberi) come me. Che per fortuna esistono, e non sono pochi…
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Anche se all’editore non intererssa, a me le tue recensioni piacciono molto e le trovo sempre molto “affidabili”! Poi, come giustamente dice Dragoval, ormai hai stuzzicato la nostra curiosità, dunque aspettiamo la recensione! 😉
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Grazie cara, è sempre un piacere leggerti 🙂
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Vassalli è un autore del quale non ho mai letto nulla; non per un motivo preciso ma semplicemente perchè è impossibile leggere tutto, ognuno si fa /ha le proprie priorità e dunque succede che alcuni autori catturano la nostra attenzione prima di altri. I tuoi post me lo stanno facendo conoscere, e prima o poi…
Ciao e grazie 🙂
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Eh, hai toccato un tasto dolente… talvolta vengo infatti presa dall’ansia di non avere il tempo sufficiente per poter leggere, studiare e approfondire tutto quello che vorrei. Una vita sicuramente non basta e a malincuore bisogna fare delle scelte o comunque posticipare nel tempo degli autori che in qualche modo “chiamano” ma che, per un motivo o l’altro, non si possono affrontare subito. Grazie a te per il commento.
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Giusto non raccontare il finale, sennò chi lo andrebbe a cercare il libro?
Un vero recensore deve sempre lasciare il lettore col fiato sospeso. Un dire e non dire.Conosco bene la zona dove si svolge il racconto, quello delle splendide Dolomiti orientali, piene di leggende dove si parla di fate, di maghi, di orchi, di anguane. Basti pensare a Dino Buzzati e alle sue Pale di San Martino ( Barnabo delle montagne, e altri romanzi dedicati alle montagne )
Brava, Alessandra.
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